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Ci fu una grande festa con la presenza delle autorita’ locali, la nostra comunuita’ e molti amici
IL GIORNO 26 GENNAIO 20 13 DOPO LA AVDALAH E’ COMINCIATA LA CELEBRAZIONE DEL PURIM DI SIRACUSA.E’STATA UNA FESTA MAGNIFICA CON LA PARTECIPAZIONE DI TUTTA LA COMUNITA’
E TANTISSIMI AMICI .
IL RABBINO HA LETTO LA MEGHILLAH IN EBRAICO. LA PROF.SSA CHRISTINA TORNALI HA LETTO LA KINA GLOSSA IN GRECO IN OMAGGIO ALLA TRADIZIONE SICULO-SIRACUSANA DI SALONICCO,CELEBRATA COLA’DOPO IL1492 E IN SICILIANO DAL DOTT. HILLEL MULELA TRADUZIONE IN ITALIANO E’STATA LETTA DALL’AVVOCATO JOSHUA ZURZOLO.PARTICOLARMENTE APPREZZATO E’STATO L’INTERVENTO DELPROF.IGNAZIO VECCHIO.DOPO UNA BREVE INTRODUZIONE DEL RABBINO CHE HA SPIEGATO L’IMPORTANZA DI QUESTA TRADIZIONE EBRAICA SIRACUSANA HA PRESO LA PAROLA IL TEOLOGO REV.NISI CANDIDO IN RAPPRESENTANZA DELL’ARCIVESCOVO DI SIRACUSA CHE HA ESPRESSO LA SUA GRATITUDINE PER AVER POTUTO INTERVENIRE IN QUESTA FESTA GIOIOSA.
secondo una tradizione talmudica, attestata in molte comunità ebraiche, si chiamano Purim quegli avvenimenti storici che, per il fatto di essere caratterizzati da interventi miracolosi che ne modificano le “sorti”, hanno il buon diritto di essere ricordati dalla comunità ebraica che ne è stata testimone, in virtù del fatto che rimandano, nella loro articolazione narrativa, al Purim di Ester e alla salvezza degli Ebrei di Persia dal minacciato sterminio.
Dunque è la celebrazione di una festa nel ricordo di un evento, solitamente uno scampato pericolo da una grave minaccia; è il ringraziamento che una comunità rivolge a D-o e la consacrazione del ricordo per le generazioni a venire; una celebrazione liturgica e festosa, collettiva e comunitaria. A questo è dovuta la dimensione contenuta dell’evento che appartiene al genere dei Purim qetannim.
Il Purim di Saragusa o Siracusa appartiene a questo genere. La celebrazione prevede la lettura pubblica di una meghillà, ovvero un rotolo di pergamena scritta in cui viene narrato l’evento che si vuole ricordare. Inoltre possono esservi preghiere particolari e veri e propri poemi commemorativi come Kina Glossa, quello che vi proponiamo in dialetto di Giànnina e che racconta l’avvenimento di Siracusa seguendo la diegesi narrativa della Meghillat Saragusanos.
Il Purim di Siracusa, nato in Sicilia nel XIV, ebbe diffusione, dopo l’editto di espulsione del 1492, fra gli Ebrei Siciliani fuggiti dall’isola che trovarono rifugio in oriente e in particolare a Salonicco e Giànnina, nei territori dell’impero Ottomano. Qui gli Ebrei si organizzarono in comunità chiamate, in giudeo-spagnolo, Kal dall’ebraico Quahal. A Salonicco esistevano ben tre comunità provenienti dalla Sicilia: Sicilia Vecchia, Sicilia Nuova e Bet-Aharon. Dagli appartenenti a quest’ultima comunità, in particolare con la famiglia Saragusi, si mantenne la tradizione di festeggiare il nostro Purim, anche quando il rito Siciliano andava perdendosi, soppiantato da quello sefardita.
Si hanno testimonianze della celebrazione della festa fino all’inizio del XX secolo. La sera si leggeva la Meghillat Saragusanos e la giornata successiva si trascorreva in festeggiamenti. Dopo l’olocausto e la dispersione delle famiglie Saragusi scomparve inesorabilmente la memoria della festa del Purim di Siracusa, pur trovandosi alcune tracce, quale Purim di Saragozza in Francia e in Israele. Per molto tempo infatti gli studiosi hanno ritenuto che questo speciale Purim si riferisse alla città di Saragozza, equivocando sul nome del Re Saragosanos e sulla lingua, il giudeo spagnolo ovvero il ladino, portato dagli ebrei fuggiti dalla Spagna e che progressivamente si impose come lingua dominante.
Si deve per primo allo studioso David Simonsen, nel 1910, la legittima e documentata restituzione agli Ebrei siciliani e a Siracusa di questo Purim. La tesi fu poi condivisa da altri studiosi fra i quali ricordiamo Yosef Mejuhas, Cecil Roth fino al Dott. Dario Burgaretta. Oggi il mondo accademico riconosce, senza ombra di dubbio alcuna, l’appartenenza di questo Purim alla storia della nostra città.
Ecco in sintesi l’evento, così come viene narrato dalla nostra meghillat: Ai tempi del re Saragusanos era usanza che, quando questi visitava il quartiere ebraico della città, abitato da più di 5000 uomini adulti, le guide e i capi spirituali della comunità, i maggiorenti, si recassero in processione verso il re, portando, in segno di sottomissione e rispetto, i rotoli della Torah. Tale abitudine fu seguita per i primi 12 anni del regno del re Saragusanos, ma nel 13° anno gli Ebrei decisero, per rispetto nei riguardi della Torah, di presentare al re solo le custodie vuote dei rotoli. Avvenne però che un Ebreo converso, Haim Sami, col nuovo nome di battesimo Marcos, denunciò il fatto al re, con la speranza di poter entrare nelle sue grazie. Il re decise di assicurarsi personalmente di quanto il delatore gli aveva raccontato passando all’improvviso nel quartiere ebraico l’indomani, il 17 del mese di Shevat, con l’intenzione di uccidere, nel caso di una conferma delle accuse, tutti gli Ebrei della città. Ma nella notte il profeta Elia apparve al custode della Sinagoga avvertendolo della minaccia incombente. Così i rotoli della Torah furono riposti nelle custodie, e quando l’indomani il re chiese di vederli, questi gli furono mostrati.
Il delatore, risultata falsa e menzognera l’accusa di lesa maestà, fu punito dal re con la pena capitale, mentre gli Ebrei beneficiarono del favore e della benevolenza del re.
Meghillat Saragusanus
Al tempo del re Saragusanos, re forte e potente, si trovavano sotto il suo dominio circa cinquecento Israeliti, tutti dotti e saggi capi d’Israele, senza contare i giovani e i ragazzi, le donne, i figli e i bambini, e formavano dodici comunità con altrettante Sinagoghe costruite con pietra intagliata e colonne di marmo, di perfetta bellezza, ricoperto di crisolito. Era usanza e regola presso quei Giudei che, al passaggio del re attraverso la piazza dei Giudei, portassero fuori tre rotoli della Torah per ogni comunità-Sinagoga, trentasei rotoli avvolti in panni ricamati e in teche d’argento e d’oro, con Melograni e Pomi d’argento e oro e ornamenti d’argento in cima ai rotoli e benedicessero il re a gran voce, mentre tutto il popolo rispondeva dopo di loro Amen.
Un giorno si radunarono i dodici rabbini degli Israeliti e i loro 24 dayyanim dissero: “Noi non facciamo cosa buona uscendo con la legge del nostro D-o, il D-o vivente e Re eterno, al cospetto di un pagano idolatra”.
Si consultarono e stabilirono concordi di predisporre tre teche vuote per ogni comunità-Sinagoga, avvolte nei loro Manti e con i loro Melograni e di uscire con esse al cospetto del re. L’usanza era infatti che il rabbino della comunità reggesse la Torah assieme ai suoi dayyanim.
Nessuno dunque era a conoscenza di questa decisione, eccetto i rabbini e i dayyanim e così fecero fino al XII anno del regno del re Saragusanos.
In quei giorni accadde che un uomo di nome Haim Sami - che il suo nome sia cancellato - persona di litigi e di discordie, persona malvagia e iniqua, si convertì al cristianesimo. Quest’uomo era ben voluto al palazzo reale poiché in passato, in quanto israelita, aveva servito alla porta del re. Allora il re Saragusanos rese potente Haim Sami - sia cancellato il suo nome - cui aveva posto il nome di Marcos e pose il suo seggio fra quelli dei ministri che erano con lui nel palazzo reale. Un giorno il re Saragusanos uscì con i suoi familiari e tutto il suo seguito, assieme ai ministri e ai governatori, per compiere, come si sua abitudine, dei giri a suo piacimento, e passò dentro la città. Per caso si trovò a passare anche per la piazza dei Giudei. Allora i Giudei corsero a riferire ai capi delle comunità e ai loro rabbini. “Ecco il re sta passando per la piazza dei Giudei”. Allora i rabbini delle comunità-Sinagoghe e i loro dayyanim si levarono, con tutta la gente che era con loro e uscirono, come d’abitudine, con le teche coperte con panni ricamati, salutando il re ad alta voce, mentre tutti rispondevano “amen” e il re proseguì il suo cammino. Giunta la sera, mentre il re sedeva sul suo trono regale, con vesti reali di porpora viola e rossa e di lino bianco, e una grande corona d’oro, adornata con pietre preziose in testa, i suoi ministri e consiglieri e sapienti dissero: “Quale gloria oggi per il re Saragusanos, più di ogni altro sulla terra, agli occhi degli Ebrei, mentre essi uscivano al cospetto del re, i capi dei loro giudici e tutti gli Israeliti con i rotoli della Torah per prostrarsi al re e omaggiarlo”.
Ma il perfido Marcos, rispondendo al re e ai suoi ministri disse: “Guai a questi miserabili Giudei per questa azione! Sia noto infatti al re che le teche sono vuote e dentro non vi è nulla; essi infatti agiscono con l’inganno.
Non appena il re ebbe udito ciò, i suoi ministri, i suoi saggi e i suoi consiglieri si adirarono molto, e anche il re si infuriò e la sua collera ardeva dentro di lui. Allora egli interrogò i saggi esperti di legge e i giureconsulti, poiché questa era l’usanza del re e disse: “Quale sentenza infliggere a questi peccatori che hanno tramato grandemente e impudicamente una congiura per ingannare il re?”. Risposero i suoi saggi: “Una sentenza di morte meritano questi uomini”.
Se al re piace sia scritto e sia sigillato con l’anello del re: al mattino usciremo e passeremo all’improvviso dalla piazza dei Giudei e, appena usciranno incontro al re con i rotoli della Legge apriremo le casse e vedremo se le parole di Marcos sono veritiere; in questo caso l’esercito del re si solleverà contro di loro, tutti con la spada in pugno, addestrati alla guerra, ognuno con la spada al suo fianco e li uccideranno tutti insieme all’interno della loro comunità; daremo alle fiamme la loro Sinagoga e prenderemo per noi come schiave e serve i loro bambini e le loro donne, mentre tutto il bottino sarà versato nel tesoro del re. La cosa piacque agli occhi del re e dei ministri; fu scritto dunque il decreto e fu sigillato con l’anello del re.
Quella notte fu agitato il sonno di Efraym Baruk, lo shammash della Sinagoga che si trovava nella città di Siracusa. Questi era un uomo anziano e rispettato, integro e retto, timorato di D-o e lontano dal male, che adorava D-o con cuore integro, con gioia e con timore. Ed ecco che un uomo venerando, con lunghi capelli e una cintura di cuoio ai fianchi, un uomo preposto a tutte le buone novelle, il cui aspetto è simile all’aspetto di un uomo di D-o, assai terribile, il cui nome Elyahu, il profeta Elyahu sia ricordato in bene, lo svegliò dal sonno e gli disse: “Perché dormi? Alzati subito, affrettati e non fermarti! Va al Tempio e riempi le teche vuote con i rotoli della Torah, poi torna e rimettiti a letto in pace, ma trattieniti e guardati dal dire ad alcuno di questa visione, poiché, se invece lo dirai, certamente morirai e il tuo sangue ricadrà sul tuo capo!”.
Allora Efraym si alzò e, preso da un gran terrore fece così come gli aveva ordinato il messaggero, poi tornò e si rimise a letto e il suo sonno fu tranquillo. Nel frattempo la stessa apparizione e la stessa visione che aveva avuto Efraym le avevano avute anche tutti gli shammashim delle dodici comunità, la stessa notte, allo stesso momento, ma non lo dissero a nessuno, secondo quanto era stato loro ordinato dal messaggero e ognuno pensava che soltanto lui avesse avuto quella apparizione e quella visione e la cose li riempiva di meraviglia.
La mattina del diciassettesimo giorno dell’undicesimo mese, il mese di Shevat, il tredicesimo anno del re Saragusanos cioè l’anno 1352 dalla distruzione del secondo Tempio, cioè l’anno 5180 dalla creazione, si levò il re Saragusanos, assieme a tutti i suoi ministri e comandanti, ai suoi consiglieri e ai suoi saggi e passò inaspettatamente attraverso la piazza dei Giudei, mentre il malvagio Marcos procedeva alla sua destra e l’esercito del re li seguiva, tutti armati, con ogni tipo di arma da guerra, circa trecento uomini dei cristiani, tutti con la spada in pugno, per fare ai Giudei tutto ciò che volevano. Mentre essi passavano nella piazza dei Giudei, questi si affrettavano a riferirlo ai rabbini, ai Giudei, e ai dayyanim, e in fretta presero le teche per andare a omaggiare il re, come d’abitudine, e il re disse loro: “Voglio vedere la Legge di Mosè, uomo di D-o, con la quale mi benedite il Suo nome!”.
Appena i rabbini i dayyanim e tutto il popolo udirono le parole del re, il cuore mancò loro e si sciolse come acqua dalla paura, essi iniziarono a tremare interrogandosi l’un l’altro: “Che cosa ci ha fatto D-o?”; ma essi non sapevano che cosa aveva fatto in realtà il D-o dei loro Padri. Allora i ministri del re si affrettarono a prendere una teca, la aprirono e trovarono scritto in campo alla pagina:
Ma anche allora, quando saranno in terra nemica, io non li rigetterò, né li disprezzerò fino al punto di annientarli e di rompere la mia alleanza con loro, perché Io sono il Signore, il loro D-o.
Lo lessero al cospetto del re, poi presero un’altra teca e la aprirono: anche questa era piena con la Legge di D-o e così anche una terza teca e così tutte.
Quando il re e i suoi ministri videro tutte le teche piene con la Legge di D-o, il re li benedisse e rimise loro il testatico per tre anni e li dispensò dal tributo. Allora anche essi se ne andarono in pace e il re ordinò che impiccassero Marcos il malvagio sul palo con il quale egli aveva tramato di fare del male ai Giudei; il suo cadavere fu gettato nell’immondizia finché i cani mangiarono la sua carne, le sue ossa furono date alle fiamme e l’ira del re si placò. Così periscano tutti i nostri nemici, o Signore.
Per questo i Giudei che si trovavano nella città di Siracusa presero la decisione e l’impegno, per sé e per i loro discendenti, di festeggiare il giorno 17 del mese di Scevat, ogni anno essi i loro figli e i figli dei loro figli, per sempre, come giorno di gioia e di letizia, un giorno di festa scambiandosi cibi a vicenda e facendo elargizioni ai poveri, e per i Giudei fu grande luce, letizia, esultanza e onore, poiché il malvagio Marcos aveva pensato di sterminare i Giudei, ma la sua malvagia macchinazione era ricaduta sul suo capo ed egli era stato impiccato sul palo e il suo cadavere era stato dato in pasto agli animali della terra.
Così periscano tutti i nostri nemici o Signore.
Poiché colui che ha pietà di loro li ha guidati e compirà con noi la scrittura, poiché è scritto:
Anche se i tuoi esiliati si trovassero sotto l’estremo lembo del cielo, di là il Signore, tuo D-o, ti radunerà e di là ti prenderà; ed è detto: Il Signore ha riscattato Giacobbe, lo ha liberato dalla mano di chi era più forte di lui e allora la vergine si rallegrerà con la danza, si allieteranno insieme il giovane e il vecchio. Muterò il loro lutto in letizia, li consolerò e li farò gioire dopo il loro dolore. E’ detto inoltre: Poiché ogni arma preparata contro di te rimarrà senza effetto e condannerai ogni lingua che si alzerà contro di te in giudizio. Questa è la sorte dei servizi del Signore, quanto spetta a loro da parte mia. Oracolo del Signore. E i riscattati del Signore ritorneranno e verranno in Sion con esultanza; felicità perenne sarà sul loro capo; giubilo e felicità li seguiranno; svaniranno afflizione e sospiri.
Maledetto Marcos, Benedetto Efraym
Maledetti tutti i malvagi, Benedetto tutto Israele
Il Purim di Siracusa
Del miracoloso fenomeno della rinascita dell’ebraismo meridionale e, in particolare, siciliano – una delle poche notizie, che, in un quadro generale alquanto inquietante, possono dare fondate ragioni di speranza e fiducia – abbiamo già avuto modo di parlare, nel notiziario quotidiano dello scorso 14 settembre, in occasione della Giornata della cultura ebraica svolta, lo scorso 4 settembre, nella splendida isola di Ortigia(…).
A suggellare, festosamente, tale ritorno, dando a tutti la prova provata della vitalità e dell’energia degli ebrei siciliani, avrà luogo, domani, giovedì 9 febbraio – 17 Shevat 5772 – un importante evento, quale la celebrazione, alla Sinagoga di Siracusa (in via Italia 88), su iniziativa della organizzazione ebraica locale e del Centro Sefardico siciliano, del “Purìm di Siracusa”, officiato dal rabbino Stefano Di Mauro, Ytzhak Ben Avraham.
Si tratta di una delle svariate festività ebraiche locali ispirate al Purìm biblico, il cui spirito e significato (com’è noto, volto a rievocare l’evitata strage degli ebrei di Persia, ordita dal perfido Amàn) è stato più volte adattato per commemorare altre drammatiche vicende occorse, nei secoli, al popolo ebraico, analogamente contrassegnate dall’incombenza di gravi minacce e da scampati pericoli. Anche la festività siracusana (ricordata anche come “Purìm di Saragosa”) fa parte di questi Purìm cosiddetti “minori” (“Purìm speciali”), denominati in ebraico Purim qetannìm, Purim shenì o Mo‘adim qetannìm.
L’origine, la storia e il significato della cerimonia sono stati fatto oggetto di molti studi, e alcuni aspetti appaiono ancora controversi, o avvolti nel mistero: sappiamo che, come per il più noto Purìm di Ester, anche in questo si dava lettura di un memoriale scritto, in ebraico, su un rotolo – la Meghillah – detto “Rotolo di Saragusanos”, e si usava tributare offerte caritative ai poveri e rispettare, alla vigilia della festa, il digiuno. La cerimonia, di origine incerta, sembra avere avuto maggiore diffusione, nel periodo successivo all’editto di espulsione del 1510, fra gli ebrei siracusani che, cacciati dal Vicereame, trovarono rifugio nei territori dell’impero ottomano, principalmente in Grecia. Sappiamo che dei festeggiamenti particolari per questa occasione si svolgevano soprattutto a Salonicco, e in modo speciale presso la sinagoga di Bet Aharon 7, composta e frequentata in prevalenza da ebrei originari della città siciliana, e fondata, tra gli altri, proprio da una famiglia di nome Saragoussi.
A lungo si è creduto, erroneamente, che questo “Purìm speciale” si riferisse alla città aragonese di Saragozza, a causa del nome utilizzato nella Megillah della festa, nella quale si parla di un re “Saragusanos”. Un errore determinato anche dal fatto che la narrazione, oltre a essere tramandata da questa Megillàt Saragusanos, è stata anche tramandata da molti altri racconti, trasmessi, in forme modificate, da alcune delle numerose comunità sefardite disperse nell’impero turco, e ancor oggi ricordati da alcuni discendenti di ebrei di Grecia e di Turchia. Inserita in un contesto giudeo-spagnolo, la parola Saragosa è stata facilmente identificata con Saragozza, tanto che, in alcune versioni, certi narratori la sostituiscono direttamente con il nome di Saragozza in giudeo-spagnolo, Saragusta. Ma il nostro Purìm non è nato a Saragozza, ma a Siracusa, ed è lì che, dopo 520 anni, fa oggi ritorno.
Chi avrà l’opportunità di assistere alla cerimonia di domani, avrà certamente modo – oltre che di partecipare da vicino a un rito inedito e suggestivo, nel corso saranno anche intonati canti tradizionali in lingua greca – di saperne di più di una storia arcana e affascinante, che merita di essere studiata e conosciuta.
A suggellare, festosamente, tale ritorno, dando a tutti la prova provata della vitalità e dell’energia degli ebrei siciliani, avrà luogo, domani, giovedì 9 febbraio – 17 Shevat 5772 – un importante evento, quale la celebrazione, alla Sinagoga di Siracusa (in via Italia 88), su iniziativa della organizzazione ebraica locale e del Centro Sefardico siciliano, del “Purìm di Siracusa”, officiato dal rabbino Stefano Di Mauro, Ytzhak Ben Avraham.
Si tratta di una delle svariate festività ebraiche locali ispirate al Purìm biblico, il cui spirito e significato (com’è noto, volto a rievocare l’evitata strage degli ebrei di Persia, ordita dal perfido Amàn) è stato più volte adattato per commemorare altre drammatiche vicende occorse, nei secoli, al popolo ebraico, analogamente contrassegnate dall’incombenza di gravi minacce e da scampati pericoli. Anche la festività siracusana (ricordata anche come “Purìm di Saragosa”) fa parte di questi Purìm cosiddetti “minori” (“Purìm speciali”), denominati in ebraico Purim qetannìm, Purim shenì o Mo‘adim qetannìm.
L’origine, la storia e il significato della cerimonia sono stati fatto oggetto di molti studi, e alcuni aspetti appaiono ancora controversi, o avvolti nel mistero: sappiamo che, come per il più noto Purìm di Ester, anche in questo si dava lettura di un memoriale scritto, in ebraico, su un rotolo – la Meghillah – detto “Rotolo di Saragusanos”, e si usava tributare offerte caritative ai poveri e rispettare, alla vigilia della festa, il digiuno. La cerimonia, di origine incerta, sembra avere avuto maggiore diffusione, nel periodo successivo all’editto di espulsione del 1510, fra gli ebrei siracusani che, cacciati dal Vicereame, trovarono rifugio nei territori dell’impero ottomano, principalmente in Grecia. Sappiamo che dei festeggiamenti particolari per questa occasione si svolgevano soprattutto a Salonicco, e in modo speciale presso la sinagoga di Bet Aharon 7, composta e frequentata in prevalenza da ebrei originari della città siciliana, e fondata, tra gli altri, proprio da una famiglia di nome Saragoussi.
A lungo si è creduto, erroneamente, che questo “Purìm speciale” si riferisse alla città aragonese di Saragozza, a causa del nome utilizzato nella Megillah della festa, nella quale si parla di un re “Saragusanos”. Un errore determinato anche dal fatto che la narrazione, oltre a essere tramandata da questa Megillàt Saragusanos, è stata anche tramandata da molti altri racconti, trasmessi, in forme modificate, da alcune delle numerose comunità sefardite disperse nell’impero turco, e ancor oggi ricordati da alcuni discendenti di ebrei di Grecia e di Turchia. Inserita in un contesto giudeo-spagnolo, la parola Saragosa è stata facilmente identificata con Saragozza, tanto che, in alcune versioni, certi narratori la sostituiscono direttamente con il nome di Saragozza in giudeo-spagnolo, Saragusta. Ma il nostro Purìm non è nato a Saragozza, ma a Siracusa, ed è lì che, dopo 520 anni, fa oggi ritorno.
Chi avrà l’opportunità di assistere alla cerimonia di domani, avrà certamente modo – oltre che di partecipare da vicino a un rito inedito e suggestivo, nel corso saranno anche intonati canti tradizionali in lingua greca – di saperne di più di una storia arcana e affascinante, che merita di essere studiata e conosciuta.
Francesco Lucrezi, storico
Articolo da
PURIM FEBBRAIO 2011
PER LA PRIMA VOLTA DOPO 520 ANNI E' RISORTO IL PURIM DI SIRACUSA
CAPO RABBINO SIRACUSA E SICILIA